L’opera BAUMAN DOCET  vuole essere un esempio significativo di come l’arte contemporanea possa farsi strumento critico per l’elaborazione delle grandi questioni sociali.
In questo progetto ho voluto presentare la mia visione dell’immagine di Bauman sulla società moderna, ponendomi così in dialogo con uno dei pensatori più influenti della seconda metà del Novecento.
Il riferimento è al sociologo Zygmunt Bauman (1925–2017), teorico della cosiddetta modernità liquida. Con questa espressione Bauman descriveva una condizione sociale e culturale caratterizzata dalla fragilità dei legami, dall’instabilità delle istituzioni e dall’erosione delle certezze che avevano sostenuto la modernità solida. Nella società liquida, sosteneva il sociologo, gli individui vivono in uno stato di precarietà permanente, costretti a ridefinire continuamente le proprie identità e relazioni (Bauman, Liquid Modernity, 2000).
Ho voluto qui tradurre questa riflessione teorica attraverso una sequenza di immagini seriali , prive di un ordine narrativo univoco e connotate da una frammentazione che può essere letta come metafora della disgregazione delle strutture solide del vivere sociale.
L’assenza di un’opera unica e conclusiva, sostituita da un flusso di frammenti, diventa segno stesso della condizione liquida: non più unità ma molteplicità, non più stabilità ma fluttuazione.
Non ho voluto limitarmi a rendere omaggio al pensatore, ma proporre e un atto di traduzione intersemiotica: dal linguaggio teorico-sociologico a quello visivo-artistico. L’opera, infatti, non illustra né semplifica il pensiero baumaniano, bensì lo problematizza ulteriormente, accentuandone l’indeterminatezza.
Chi guarda viene posto di fronte alla molteplicità iconica e sperimenta la stessa difficoltà di orientamento che Bauman individuava nella vita sociale contemporanea.
Questo progetto, quindi, non è soltanto “ispirato” da Bauman, ma funge da veicolo di riflessione critica sul nostro tempo. Non è oggetto da contemplare, bensì dispositivo di pensiero.


The work BAUMAN DOCET  aims to be a significant example of how contemporary art can become a critical tool for elaborating major social issues.
In this project, I wanted to present my vision of Bauman’s image of modern society, thus entering into dialogue with one of the most influential thinkers of the second half of the twentieth century.
The reference is to the sociologist Zygmunt Bauman (1925–2017), the theorist of so-called liquid modernity. With this expression, Bauman described a social and cultural condition characterized by fragile bonds, instability of institutions, and the erosion of the certainties that had supported solid modernity. In a liquid society, the sociologist argued, individuals live in a state of permanent precariousness, forced to continually redefine their identities and relationships (Bauman, Liquid Modernity, 2000).
Here, I wanted to translate this theoretical reflection through a sequence of serial images, lacking a univocal narrative order and characterized by a fragmentation that can be read as a metaphor for the disintegration of the solid structures of social life.
The absence of a single, conclusive work, replaced by a flow of fragments, becomes a sign of the very liquid condition: no longer unity but multiplicity, no longer stability but fluctuation.
I did not want to simply pay homage to the thinker, but rather propose an act of intersemiotic translation: from theoretical-sociological language to visual-artistic language. The work, in fact, neither illustrates nor simplifies Bauman’s thought, but rather further problematizes it, accentuating its indeterminacy.
The viewer is confronted with iconic multiplicity and experiences the same difficulty of orientation that Bauman identified in contemporary social life.
This project, therefore, is not only “inspired” by Bauman, but serves as a vehicle for critical reflection on our time. It is not an object to be contemplated, but rather a device for thinking.

ALTRE MIE OPERE